IMMUNOVID: UNO STUDIO SUI MALATI COVID-19
Dopo oltre un anno dello scoppio della pandemia, rimangono aperti ancora molti quesiti importanti sulle caratteristiche del virus Sars-CoV-2, tra cui i meccanismi responsabili dell’intensità dei sintomi manifestati dai pazienti.
Proprio per fare luce su questo aspetto fondamentale, nell’ultimo anno è stato condotto in Veneto uno studio denominato “IMMUNOVID” sotto la direzione scientifica del Prof. Vincenzo Bronte, direttore della Sezione di Immunologia dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona. Tale ricerca è stata coordinata dal CORIS, il Consorzio per la Ricerca Sanitaria della Regione Veneto, e supportata sia da un finanziamento di 250 mila euro da parte di Fondazione Tim come cofinanziamento del supporto economico della Fondazione Cariverona.
Oggetto della ricerca è la caratterizzazione della modulazione del sistema immunitario durante il decorso della malattia, per meglio comprendere i meccanismi che regolano lo sviluppo della sintomatologia e delle complicanze più gravi, oltre a definire potenziali parametri immunologici utili a stratificare i pazienti per il miglior percorso di trattamento da adottare.
La ricerca ha visto la cooperazione di un network nazionale ed internazionale: infatti, hanno collaborato alla realizzazione dello studio il Weizmann Institute of Science di Rehovot (Israele), l’Istituto Pasteur e l’università Sorbona di Parigi (Francia), l’Università di Chieti-Pescara, l’Istituto Europeo di Oncologia IRCCS di Milano (IEO), l’ospedale Pederzoli di Peschiera (Verona) e diversi Dipartimenti dell’Università degli Studi di Verona quali il Dipartimento di Medicina, il Dipartimento di Scienze Chirurgiche Odontostomatologiche e Materno-Infantili, il Dipartimento di Diagnostica e Sanità Pubblica nonché il Centro Piattaforme Tecnologiche (CPT).
I dati della ricerca Immunovid sono stati concretizzati ad oggi in due importanti studi pubblicati sulle prestigiose riviste scientifiche the Journal of Clinical Investigation e Nature Communications.
Il primo studio ha valutato l’impatto del farmaco Baricitinib, medicinale già impiegato per la cura dell’artrite reumatoide ed usato in modo “off-label” nei pazienti affetti da COVID-19. I dati ottenuti hanno suggerito che l’utilizzo di Baricitinib riduca i tempi di degenza dei pazienti, il tasso di mortalità e la proporzione di soggetti che richiedono intubazione in terapia intensiva. L’effetto terapeutico del farmaco consiste nel riequilibrare lo stato immunitario del paziente COVID-19, diminuendone l’infiammazione sistemica. I dati dello studio veronese, che ha coinvolto 80 pazienti, sono stati successivamente confermati negli USA da uno studio clinico randomizzato su una popolazione di oltre 1.000 pazienti con polmonite da COVID-19; i risultati statunitensi hanno portato l’agenzia per gli alimenti e i medicinali (FDA) ad autorizzare il Baricitinib per il trattamento dei pazienti affetti dalle forme gravi di COVID-19.
Il secondo studio ha visto l’arruolamento di 30 pazienti infettati da COVID-19, dei quali 10 con polmonite grave, 10 con sintomi lievi-modesti senza coinvolgimento polmonare e 10 asintomatici. I pazienti sono stati sottoposti a prelievi successivi di campioni di sangue durante il decorso della patologia per studiare la risposta del sistema immunitario dei soggetti, sia attraverso un’indagine sierologica in grado di evidenziare la presenza di citochine infiammatorie che definendo l’immunofenotipo del paziente con citometria a flusso, tecnica che svela sottili cambiamenti delle popolazioni del sistema immunitario durante il decorso della malattia. Inoltre, i ricercatori dell’equipe veronese hanno effettuato un’indagine molecolare a livello del genoma di singole cellule presenti nel sangue e nel liquido di lavaggio bronchiale dei pazienti che ha permesso di tracciare, in maniera estremamente accurata, sbilanciamenti nella composizione a funzione delle cellule del sistema immunitario nel COVID-19. Con queste metodologie integrate, la ricerca ha consentito di chiarire meglio i meccanismi che provocano un “silenzio immunitario”, ovvero un progressivo deficit delle funzioni immunitarie, in chi viene colpito in forma letale dal virus.
«Come CORIS – spiega Teresa Gasparetto, Amministratore Delegato del Consorzio per la Ricerca Sanitaria della Regione Veneto – nell’ultimo anno abbiamo coordinato e sostenuto già diversi progetti di ricerca sul COVID, impegnandoci in particolare a garantire tempi molto brevi per tutti i processi gestionali che necessariamente sono alla base di un nuovo studio. Sicuramente nell’affrontare la pandemia il sistema sanitario regionale ha dimostrato una grande capacità di risposta anche per quanto riguarda la ricerca».